Nel romanzo “Il professor Battista” si intuisce fin dal titolo la denuncia che l’odierna società del consenso obbligato è fondata sulla menzogna e, come ai tempi di Gesù, quando il Battista anacoreta tuonava nel deserto contro la turpitudine del potere, ancora oggi chi osa anche solo mettere in dubbio le verità di comodo del sistema è ridotto al silenzio con ogni mezzo.
L’atteggiamento di Facebook sul brano del libro che segue più giù ne è una dimostrazione eclatante.
Il passo riporta il dialogo che avviene in pullman fra una studentessa e l’insegnante che accompagna la sua classe in una gita scolastica a Monaco. Tratta un tema delicato, ma da prospettive opposte ed altrettanto legittime, con garbo e senza che l’autore ne faccia propria alcuna, inoltre, come si conviene ad un romanzo, fatti e personaggi sono dichiaratamente inventati. Non contiene quindi alcun elemento offensivo per persone, ideologie, religioni, identità di genere eccetera, eppure Facebook, pur dopo averne sollecitato una campagna promozionale grazie al suo buon impatto sul pubblico, al momento di lanciarla ha ritirato il consenso per una presunta violazione proprio di tale principio…
Non riesco a vederci un appiglio se non, forse, nel disagio per il racconto della ragazza, ma questo descrive una situazione assolutamente realistica, seppur fortunatamente rara, e io stesso posso testimoniarne di analoghe.
Dunque? Al rogo i libri? Libri al rogo?
ALLA RETE L’ARDUA SENTENZA
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Il sole che splendeva fuori, sul tenero verdeggiare della primavera, non aveva ancora rischiarato del tutto il plumbeo scenario emotivo del racconto di Tomat, che, almeno a Davide, fu il sopraggiungere di Lilly Carati ad illuminare lo sguardo.
Disse che il pullman le dava un po’ di mal di testa, e domandò se poteva sedere lì davanti con loro, ottenendo ovviamente il pronto assenso di Battista, che si affrettò a sgombrare la poltrona accanto a lui da zainetto, macchina fotografica ed aggeggi vari.
Il viso di porcellana di Elisabetta Carati era pallido e pensieroso, ma questo non offuscava per nulla la sua bellezza, ed anzi, le dava un’aria più consapevole di quanto ci si potrebbe attendere, in una ragazza della sua età, che ne accresceva il richiamo con un’aura di mistero.
Sericei capelli biondi che splendevano come oro, grandi firme in ogni capo del morbido abbigliamento, unghie decorate in ceramica, con un sole al tramonto raggiato di allegre fiammelle nel cielo rosso sangue, trucco accurato ed accessori preziosi, un delicato profumo di ortensia che Battista non si stancava di annusare con discrezione… ogni particolare rivelava in lei l’appartenenza ad un ceto di levatura superiore.
Nelle poltroncine della fila a fianco, anche Davide tracciava nell’aria degli impercettibili ghirigori col naso, sulle scie della sua fragranza, Riccardina, invece, osservava ora lei ora l’esagerata allerta del compagno di banco con le orecchie ben tese a non perdere nemmeno una parola della nuova venuta.
Frequentando la terza A1, Lilly era con le allegre ragazze della Bubola in mezzo al bus, ma quel giorno, lei non se la sentiva proprio di ridere su tutto e tutti come una scema, perciò era venuta a rilassarsi un poco in mezzo ai grandi, e anzi, se la prof ne aveva voglia, avrebbe fatto volentieri due chiacchiere con lei.
La Bubola accettò di buon grado, quindi Battista offrì alla prof di scambiarsi di posto con lei, in modo che le due giovani donne, stando affiancate, potessero discorrere più tranquillamente; al signor Tomat avrebbe fatto compagnia lui.
“Mamma mia che colorito, Lilly! – Esclamò la professoressa quando si avvide dell’espressione sofferente sul viso della sua alunna – Ho delle gomme da masticare contro il mal d’auto, ne vuoi una?”
Lei declinò l’offerta. Probabilmente non era nemmeno il pullman la causa del suo malessere: già da un paio di giorni si sentiva così.
Impressionata, la Bubola scavò nella borsa: anche a lei facevano sempre un gran male, quindi l’Optalidon non vi mancava mai, e quando l’ebbe trovato, glielo porse garbatamente.
“Saranno cose di donne!” Bisbigliò Davide, con aria saccente, all’orecchio dell’inseparabile amica.
“Certamente… – rispose lei – e magari anche più di quanto tu creda.”
La Carati rinunciò di nuovo con un gesto della mano, quindi cambiò discorso, e chiese alla professoressa se fosse sposata.
La Bubola non si stupì della domanda, né parve contrariata per l’improvvisa irruzione nella sua sfera personale; al contrario, sembrò quasi contenta di poterne parlare, come se avesse bisogno di farlo da tempo, ma non ne avesse mai avuta l’occasione.
Non era sposata: era stata fidanzata al paese fino a quando aveva deciso di trasferirsi a Bologna, ma a quel punto s’era aperta una profonda crisi, e poco dopo, lei e Luigi avevano rotto.
Erano entrambi salentini; lui vagheggiava una famiglia fortemente legata alle tradizioni della sua amata terra, perciò non voleva staccarsene, e d’altra parte non aveva alcun motivo per farlo, visto che era figlio di un maggiorente locale, proprietario di terre ed oliveti; lei, invece, voleva lavorare a tutti i costi per ottenere l’indipendenza che le avrebbe consentito di non dover mai sottostare ad un’altra volontà per bisogno, e poiché giù non c’era lavoro, salire al nord era stato quasi una scelta obbligata.
…
Era quel “quasi” che la tormentava ancora oggi con mille dubbi e non pochi rimpianti.
Sì, perché loro due si erano voluti veramente bene, e Luigi, poi, era una persona salda come una roccia, su cui si poteva fare affidamento assoluto, e dopo, lei non ne aveva più conosciute, così; dopo, le persone serie sembravano completamente sparite dal mondo.
Invece c’è un gran bisogno, di unità… Non si fa altro che proclamare che siamo uno: maschio e femmina una creatura sola, e si sente anche nell’intimo, che questa è una verità fondamentale, ma poi tutto quello che si riesce a fare produce solo divisione… una contro l’altro armati… C’è qualcosa di sbagliato, non va bene così.
Ad ogni modo, ormai era andata e non si poteva più tornare indietro: in meno di due anni, Luigi s’era sposato con un’altra, e ora aveva un bel maschietto di otto anni, uno di quattro, e la bambina che aspettava tanto era appena arrivata.
Quando erano fidanzati, amavano guardare insieme i documentari sulla natura… quanti ne avevano visti, e quanto li appassionavano entrambi!
Ma ora, Daisy aveva la sensazione che solo lui avesse veramente compreso il significato di tutte quelle esibizioni, quelle lotte feroci in cui i maschi mettono in gioco la vita stessa, di quel corri corri di ogni creatura vivente per trovare l’altra metà di sé e prepararsi insieme ad accogliere i piccoli nel mondo come si deve. In natura, in tutta la natura, questo vuol dire farlo in tempo, perché quando il momento giusto è passato, poi non torna più.
Ciò che la natura vuole in cambio delle ali forti che consentiranno al pulcino di affrontare la migrazione autunnale, regalando ai genitori il senso profondo della vita che dà gioia, è il duro sacrificio scritto nel mondo a chiare lettere, ed è bieco inganno di potere, che prima o poi si pagherà a caro prezzo, la menzogna che illude del contrario chi ha paura di affrontarlo, per ottenerne il consenso.
A queste parole, la Bubola si fermò, come se temesse di essersi spinta troppo oltre in un contesto inopportuno.
“E tu cosa mi dici? – Domandò allora – Ce l’hai il ragazzo?”
La Carati aggrottò la fronte.
“Qui siamo diversi, prof.” Rispose quasi con sufficienza, al che fu la volta dell’insegnante, di mostrare meraviglia.
“In che senso, scusa?” Volle sapere.
La ragazza spiegò che se amare significava sentire il bisogno di stare con lo stesso uomo per tutta la vita, lei non conosceva nessuno a cui interessasse ancora: da loro si badava a divertirsi e basta.
Riccardina ebbe un fremito. Avrebbe voluto intromettersi nel discorso di prepotenza, però vi era estranea, quindi soffocò l’impulso con uno sforzo, per buona educazione.
Ma non poteva certo rinunciare a far sapere la sua opinione a Davide!
“Eccone qua una, stronza!” Gli bisbigliò ringhiosamente nell’orecchio, con un volume che lui le rimproverò, accostando l’indice al naso in un eloquente invito ad abbassarlo.
Ad ogni modo, sull’altro lato del corridoio né la prof né l’allieva diedero a vedere di aver udito il commento, pertanto l’aggressione che esso portava fu ignorata, e il colloquio procedette senza incidenti.
Certo, a formare delle coppie si giocava anche qua, ma perlopiù era un gioco, appunto: quando due si mettevano insieme, difficilmente si sentivano di fare promesse di amore eterno, e quanto alla fedeltà, nessuno era disposto a scommettere un centesimo sul partner… o la partner che fosse.
Nella pausa che seguì, la Bubola, un po’ imbarazzata, non sapeva cosa dire, allora Lilly, che invece aveva in mente un obiettivo preciso, approfittò del momento di difficoltà dell’insegnante per pungolarla di nuovo.
“Ma se fosse rimasta incinta cos’avrebbe fatto, prof? – Domandò – Avrebbe abortito, o sarebbe rimasta giù?”
L’insegnante la guardò interdetta.
“Incinta? Aborto? – Interrogò stupita sé stessa, più che l’interlocutrice – Ma… perché mai? Se fosse successo, vorrebbe dire che l’avevo voluto io, allora sarei rimasta giù, ovviamente.”
“Va bene, ma se invece ci fosse rimasta per caso?”
La donna non contemplava questa possibilità… quella donna, almeno.
“Al giorno d’oggi non si rimane incinte per caso, se si ha un minimo di giudizio.” Fu la sua risposta lapidaria.
La giovinetta scosse lievemente la testa in segno di dissenso, al che un’intuizione improvvisa squarciò l’intelletto dell’adulta.
“Scusa sai, – disse – ma cosa mi stai dicendo? Non è che per caso… appunto… tu…” La guardò negli occhi, e la ragazza fece segno di sì.
“Ma santo Dio, benedetta! Com’è stato possibile?”
Beh, nelle feste dei suoi amici non era poi così assurdo: alcol, erba, funghi, soldi… circolava di tutto in quelle ville sui colli, allora chi si preoccupava di voltarsi a guardare, quando uno cominciava a spogliarti da dietro?
E anche volendo vedere in faccia l’ammiratore, c’era da restare escluse come delle asociali, a fare troppo le schizzinose, mentre magari gli altri erano tutti ingroppati in un’orgia pazzesca.
Ma nessuna voleva rimanere fuori dal giro: le sue amiche accoppiate, che facevano credere al ragazzo di non uscire mai senza di lui, si sarebbero inventate il colera, pur di non mancare, e quando c’erano, del boy friend non si ricordava nessuna.
“Dunque, tu sei rimasta incinta in uno di questi baccanali, e ora ti domandi se sia il caso di abortire… se ho ben capito.”
“Beh, non proprio: – rispose Lilly – per fortuna, della gravidanza non sono ancora sicura al cento per cento, ma sull’aborto non avrei dubbi, nel caso… Quello che le chiedo è come fare: a chi ci si deve rivolgere, quanto tempo occorre per le pratiche e quanto bisogna stare in ospedale… se è possibile farlo in un’altra città, o comunque in anonimo e senza il consenso dei genitori… insomma, tutto quello che occorre sapere, perché è la prima volta che mi capita un impiccio del genere.”
“Deo gratias! – Esclamò la Bubola – E speriamo che l’impiccio sia un falso allarme… Gran consigli non sono in grado di dartene, perché ne so poco anch’io, per fortuna, ad ogni modo, credo proprio che il consenso dei genitori occorra, se sei minorenne.”
“Cazzo, no!” Mormorò Lilly, mordendosi un labbro.
“Ti capisco, – la confortò la confidente – ma a dire il vero non mi sembra affatto il guaio peggiore: l’aborto non è mica un videogioco, sai, ti segna l’anima per tutta la vita… Possibile che non ci sia un’altra soluzione? Che so, il matrimonio, magari: dicono che se ci si mette d’impegno, per un valore importante in comune, può riuscire bene anche senza una gran passione dietro… anzi, meglio che quando la passione c’è, ma manca la buona volontà di venirsi incontro… Oppure tenere il bambino anche se il padre non ci sta… É più difficile, ma ti fa ancora più onore.”
“Onore… – Elisabetta sbuffò un risolino amaro – In casa mia è il prestigio sociale… Invece per lei cos’è? Rinunciare alla vita per pulire cacca ed imboccare pappa? … Non fa per me, e comunque, anche volendo… non so nemmeno chi è il padre.”
La Bubola si limitò a guardarla ad occhi sgranati.
“Chissà cosa mi sono fatta, quella notte… – proseguì allora la ragazza, con lo sguardo assente – Ero completamente fuori… e credo di essere stata con tre sconosciuti uno dietro l’altro.”
Sulle poltroncine dietro all’autista, Davide e Riccardina si guardarono in modo molto espressivo.
“Ti presento il tuo grande amore.” Gli sussurrò lei in tono sarcastico.
“Minchia!!!” Borbottò lui fra sé, ma questa volta non si preoccupò troppo di non farsi sentire.
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“Il professor Battista” e-book: http://www.librinmente.it/home/58-il-professor-battista-9788894995616.html
“Il professor Battista” edizione cartacea: https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/narrativa/388270/il-professor-battista/