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Teoria Assiomatica della Metafisica Evoluzionistica

Teoria Assiomatica della Metafisica Evoluzionistica

“Teoria assiomatica della metafisica evoluzionistica?”……  Cazzo!!! Viene il mal di mare solo a leggere il titolo.

Vabbe’, proviamoci lo stesso.

I° POSTULATO: “Un giorno l’Umanità  sarà in grado di navigare fra le stelle e le galassie”

Dunque, partiamo da qui, dal fatto che noi umani in giro fra le stelle non ci sappiamo ancora andare, ma prima o poi ci riusciremo, come siamo riusciti a volare, ad inabissarci nelle profondità del mare e magari, fra un po’, con qualche altro progresso della biologia, a vivere a tempo indeterminato.

 Naturalmente uscire dal sistema solare sarà una conquista difficile, perché per andare avanti e indietro fra una stella e l’altra, in tempi compatibili con la durata della vita, bisognerebbe muoversi a velocità assai superiori a quella della luce, e questo è un bel problema.

Per comprenderlo, basti pensare che la stella più vicina si trova a 4 anni luce da qui, e le altre a decine, centinaia, migliaia, milioni e miliardi di anni luce. Questo significa che la luce, alla velocità di 300000 chilometri al secondo, impiega 4, o rispettivamente decine, centinaia, migliaia, milioni e miliardi di anni per coprire queste distanze, e pertanto che noi non siamo ancora in grado di percorrerle, almeno per ora.

La velocità della luce, infatti, è una soglia assai complicata, perché tanto per dirne una, man mano che ci si avvicina il tempo a bordo dell’astronave scorre sempre più lento, fino a fermarsi del tutto quando si raggiunge, mentre a casa il suo ritmo rimane sempre lo stesso. In conseguenza di ciò, al ritorno da un fine settimana a quella velocità su Alfa Centauri (4 anni luce) noi saremmo invecchiati di un paio di giorni, ma nostra moglie di 8 anni, e dopo alcuni week end, i giovani astronauti potrebbero dover accudire all’ospizio dei figli ormai canuti e incartapecoriti.

 Andare più veloci è ancora più difficile, tanto che la Hack, Pacini e Piero Angela sostengono che sia impossibile.

In realtà, le equazioni universalmente accettate della fisica non lo escludono affatto, a condizione di accettare di compiere il viaggio immersi in una realtà di sapore onirico,  una sorta di iperuranio a-causale ed incontrollabile, dove la nostra stessa ciccia, la materia di cui siamo fatti, dovrebbe avere proprietà tanto sconosciute da doversi misurare con i numeri immaginari, che sono una bella invenzione matematica, ma di significato fisico, se esistente, ahimè ancora oscuro.

 Le massime velocità accessibili alla nostra attuale tecnologia di navigazione inerziale sono dell’ordine di qualche centomila chilometri l’ora, ossia qualche migliaio di volte inferiori alla velocità della luce, e a questo passo, un viaggio fino alla stella più vicina richiederebbe delle ferie di circa 30000 anni, pertanto è evidente che, a meno di scoperte rivoluzionarie, non possiamo ancora pianificarlo.  Non è un problema tecnologico, è un problema scientifico, ma se con il progresso siamo riusciti a passare dai segnali di fumo alla televisione, io credo che prima o poi lo risolveremo.

 II° POSTULATO: “Nell’universo la vita è la regola, non l’eccezione” 

 Un’altra cosa di cui sono convinto al punto che per me ha il sapore di un assioma, è che nell’universo la vita sia la regola anziché l’eccezione, il che porta ad immaginarlo popolato da un’infinità (cosa molto diversa da: “infinite”) di specie viventi diversissime le une dalle altre.

Ora, poiché il progresso è un processo evolutivo, e in quanto principio scientifico l’evoluzione dovrebbe avere validità universale, ne consegue che il creato dovrebbe pullulare degli esseri più svariati, ai più svariati stadi di sviluppo: da quelli molto antecedenti il nostro, a quelli assai più avanzati, capaci di navigare fra le galassie e chissà di che altro.

Naturalmente è difficile immaginare una civiltà assai più avanzata di quella in cui siamo nati e viviamo, sia in considerazione del fatto che la scienza è già molto progredita e sempre più veloce quaggiù, sia soprattutto delle prospettive conseguenti in campo biologico: che senso avrebbe, infatti, il mondo intero così come lo conosciamo, per un’umanità immortale o anche solo emortale?

LA TEORIA DELLA METAFISICA EVOLUZIONISTICA

Se l’universo fosse infinito, dai due postulati precedenti conseguirebbe necessariamente che esso ospita infinite stirpi in grado di navigare fra stelle e galassie, e quindi il fatto che la terra sia da molto tempo nei rispettivi cataloghi turistici sarebbe un teorema.

Siccome però all’attuale livello di conoscenza non possiamo sapere nulla riguardo ad oggetti più lontani di una quindicina di miliardi di anni luce, al cui interno sta un universo finito, queste affermazioni possono aspirare solo al rango di teorie. 

Tuttavia, ci sono cento miliardi di stelle solo nella nostra galassia, e a loro volta pure le galassie si contano a miliardi, quindi anche solo l’universuccio alla portata dei nostri telescopi offre un tale numero di possibilità alla teoria, da renderla a mio avviso assai più attendibile statisticamente del più ritardatario dei numeri ritardatari al gioco del lotto, e noi sappiamo bene che benché ad ogni estrazione le probabilità di uscita siano sempre le stesse, alla fine i ritardatari sono sempre usciti. 

 Dunque, la probabilità che gli alieni esistano è quasi una certezza, e che siano arrivati fin qui è inferiore solo di poco, perciò cercarli seriamente è doveroso, anche in mezzo a noi.

 La domanda di Fermi: “Ma allora, perché non si vedono?”

 Io non lo so, né so di preciso a quando risalgano le prime tracce di vita sulla terra.

Sta di fatto che il nostro pianeta ha sui 3-4 miliardi di anni, e l’universo un po’ meno di una quindicina. Il ramo evolutivo di tipo ominide ha cominciato a differenziarsi dall’albero genealogico delle scimmie antropomorfe sui 6 milioni di anni fa, l’uomo di Neanderthal s’aggirava per l’Europa circa centomila anni orsono, il Cro Magnon trentamila, la scrittura avrà sì e no cinquemila anni, la radio 100, la televisione 60, internet 37, la pecora Dolly 9… 

A quando la resurrezione dei mammouth?

Secondo alcuni fra non molto, ma allora che ci sarà fra cento, duecento o più anni? Ovvero: di cosa sono capaci, che proprietà hanno gli esseri che a quel livello sono già arrivati?

E che ce ne siano tanti, di varia provenienza,  è assai probabile sia per quanto già visto, sia in considerazione del fatto che sulle scale temporali accennate un divario di civiltà di alcune migliaia di anni è una bazzecola.

Per convincersene non c’è bisogno di andare tanto lontano.  In questo preciso istante, è in atto un gigantesco trasferimento tecnologico sulla terra stessa, fra società umane separate in origine da millenni di progresso, se è vero, come è vero, che ancora il secolo scorso alcune di esse non conoscevano ancora né la scrittura né la ruota, e usavano utensili di pietra scheggiata, cioè che vivevano a tutti gli effetti nel paleolitico, nonostante il resto del mondo fosse ormai prossimo a sbarcare sulla luna.

Certo è che bisogna avere l’umiltà di riconoscere che se degli alieni più avanzati di noi di quanto basta per navigare fra le stelle non volessero mostrarsi, questo non sarebbe un problema per loro.

Quindi, siccome non abbiamo ancora prove della loro presenza, significa che se sono qui non vogliono rivelarsi, e se sono addirittura di provenienze diverse, si sono anche accordati in questo senso.

Ma perché?

Boh! Le ipotesi sono tante, più o meno verosimili, ai miei occhi tanto meno quanto più si rifanno ai modelli socioculturali umani, cioè propri di una specie per definizione assai più arretrata di quelle sotto indagine.

Tuttavia, un modello interpretativo coerente con tutti i dati, le conoscenze e le sapienze disponibili è possibile e, lo dico a malincuore sapendo di suscitare un vespaio, riconduce alle verità rivelate in modo assai più congruente di qualsiasi professione di fede a priori, a favore o contro che sia.

Intanto bisogna dire che, per questi esseri, l’esperienza esistenziale deve essere per forza qualcosa di assolutamente “altro” dalla nostra.

Se anche fosse partita dalla stessa base biologica, infatti, ormai la loro vita sarà immortale o almeno emortale, allora essi avranno cessato di moltiplicarsi, e se pure ancora si riproducono, lo fanno in una dimensione magari localizzata, ma necessariamente infinita, ossia metafisica… 

Ahiahiahi!!! Lo so che ora comincerà il lancio di pietre, ma francamente, questo mi sembra l’unico esito possibile di un’evoluzione che abbia portato all’immortalità. Anche perché non ci vedo proprio niente di strano nemmeno nella prospettiva più tenacemente materialista.

Per quanto ne sappiamo, infatti, l’essere è fatto di energia, di cui la materia è solo uno stato, quindi una qualche intuizione della personalità in termini metafisici, ancorché verosimile è del tutto naturale, solo che si riconosca alla pura energia la possibilità di organizzarsi in forme pensanti, capaci di interagire con la materia.  

In quest’ottica, tutto si ricompone: scienza e religione non hanno più bisogno di farsi la guerra.

Se ciò che è necessario per superare la velocità della luce è la massa immaginaria (che strana coincidenza il nome di questa classe di numeri, vero?), che durante il viaggio ci farebbe sprofondare in una realtà onirica, magari è proprio in questa dimensione psichica che si deve ricercare il significato del termine stesso e la possibilità di trattare il concetto operativamente.

Del resto, la realtà di questo stato cosiddetto “alterato” di coscienza non è minore di quella dello stato ordinario, visto che spesso per il senziente è del tutto indistinguibile.

Ma chi ha accesso volontario ad una dimensione metafisica dà conto senza contraddizioni non solo di tutte le verità rivelate, ma anche dei fenomeni parapsicologici (e a mio avviso ce ne sono) oggettivamente inspiegabili, ovviando all’apparente violazione del principio di causalità, e quindi alla non ripetibilità degli esperimenti, con l’azione di volontà occulte capaci di condizionarli a piacimento, del tutto legittime anche sul piano scientifico.

E che dire se entità siffatte si servissero più o meno amichevolmente dei sensi e delle altre proprietà biologiche di esseri  semplici come noi per indagare ed operare nel mondo? Avremmo a che fare con individui transpersonali, fatti di persone come noi siamo fatti di cellule, ognuna delle quali è un essere vivente a sé stante, estesi magari sull’intero pianeta, in aggregazioni perlopiù instabili, simili a fluidi di umanità in permanente turbolenza di mescolamento.

Non avrebbero un  senso più  comprensibile, in questo modo, certi comportamenti collettivi altrimenti inspiegabili, come le grandi conquiste o le guerre insensate?

Per un gruppo di una decina appena di amici è quasi impossibile riuscire a mettersi d’accordo sul film  da andare a vedere prima dell’ultimo spettacolo, eppure milioni di uomini si sono mossi all’unisono per andare sulla luna, e alla fine l’hanno fatto, e viceversa, nei flutti in tempesta dell’odio etnico o religioso si sono scannati come maiali mariti e mogli, padri e figli. 

 Gli alieni in questione non sarebbero potuti apparire che come angeli o dei, agli occhi di quei nostri avi cui si fossero palesati per qualche motivo, ma probabilmente anche ai nostri, e senza che ciò alteri in alcun modo l’idea di Dio. Chi non ci crede potrà perseverare senza contraddizioni nell’ateismo anche accettando la particolare visione evoluzionistica di queste righe, e chi invece ha fede in un Essere supremo non la perderà certo ammettendo fra noi e Lui schiere infinite di creature intermedie, anzi: la personificazione su scala cosmica della lotta perenne fra il bene e il male assumerebbe connotati più comprensibili, e la vittoria finale del bene maggiore certezza.

 “Ogni volta che due di voi si riuniranno nel mio nome, io sarò lì”, disse Colui che ha vinto il principe del mondo, la Vite che riunisce in sé i tralci di tutta l’umanità, il figlio dell’Uomo che nell’eternità ha sconfitto la morte, e con il progresso porterà la vittoria nel tempo.

Saluti a tutti

 Fernando  De Benedictis.