Un sabato mattina, Andrea e Lucia escono per godersi un po’ la città.
Lei si è ritagliata la breve pausa dagli infiniti impegni di ogni giorno, e nonostante porti un braccio al collo per via di un recente infortunio, ha deciso di regalarla a lui. Sull’uscio di casa, il coinquilino di fronte li ha chiamati “il gatto e la volpe”, dato che Andrea è pressoché cieco, ma in realtà, forse in onore al carisma iscritto nel suo nome, Lucia gli fa piuttosto da Angelo Custode, e oltre che per l’affetto che li unisce da sempre, Andrea le è grato anche per questo.
In autobus, l’obliteratrice rifiuta l’abbonamento annuale di Lucia.
“Sarà scaduto.” Pensa lei, che sa di doverlo rinnovare più o meno in questo periodo, ma non ricorda il giorno esatto. Benché infarcita di elettronica, infatti, la tessera non lo riporta, sicché Lucia se lo sta domandando già da qualche tempo.
La sera prima, avendo accompagnato Andrea nell’ufficio Tper dei contrassegni d’invalidità per l’auto, ha chiesto anche quest’informazione e l’impiegata le ha indicato la scadenza della carta sotto la fotografia, ma quella non è la data del rinnovo, e a tale obiezione, pur seduta innanzi al computer che tutto sa, s’è avvalsa del diritto di ignorare la risposta sancito a suo dire dalle mansioni specifiche di quell’ufficio.
Ad ogni modo, Lucia è una donna ligia, perciò decide di comprare un biglietto al distributore automatico.
Dopo aver rovistato un bel po’ nel portamonete suo ed in quello di Andrea, riesce finalmente a racimolare spiccioli per l’Euro e mezzo che occorre e si accinge a farlo, ma… l’apparecchio in testa al bus ha la cassa piena e di conseguenza non funziona.
Pazientemente, l’angelo ingessato si dirige brontolando al dispensatore gemello in coda. Lo raggiunge a fatica poiché il mezzo è imbizzarrito, percorre la via tortuosa a velocità folle, e sbattendola da tutte le parti come un fuscello, la costringe ad abbarbicarsi ai sostegni con la mano buona per non rompersi anche quella, ma giunta in fondo… l’apparecchio è fuori servizio e si beve le monetine senza emettere la costosa strisciolina di carta.
Scocciatissima, lei riferisce tutto al pilota di rally per mettersi al riparo da una multa: è meglio evitare di apprendere dai controllori cosa penserebbero delle sue giustificazioni, perché in caso di sanzione, addio all’investimento di 300 Euro per l’abbonamento annuale allo scopo di risparmiare qualcosa.
Il rallista mancato prende atto della dichiarazione, ma… “ovviamente non può mica testimoniare ciò che non ha visto”.
Furibonda, Lucia sta quasi per proporre di scendere a comprare un biglietto, quando ricorda che forse nel portafoglio ha anche un city pass di scorta. Previdente com’è, l’aveva comprato insieme all’abbonamento proprio per delle dimenticanze o altri accidenti del genere, e infatti lo trova.
Ma… la macchinetta infernale rifiuta anche questo.
“Eppure ci sono ancora otto corse!” Esclama perplessa.
“Avranno modificato il modello. – Ipotizza Andrea senza crederci – Da quand’è che l’hai?”
“Saranno tre anni.” Risponde lei con dubbiosa ferocia.
L’agitazione per il timore di venirne fuori “cornuti e mazziati” non si calma del tutto nonostante la sovrana consapevolezza dei passeggeri senza titolo di essere più che in regola, ma per fortuna non salgono ronde e così, salvandoli da un possibile abuso, la fine del viaggio giunge più gradita che mai.
Comunque, la scadenza dell’abbonamento rimane un mistero che Lucia deve chiarire, e come sarebbe andata in caso di un controllo è una domanda che stuzzica la curiosità di entrambi, perciò, dopo gli acquisti, il cieco e la sua guida vanno a chiedere informazioni nell’ufficio Tper di Via Lame.
La coda è breve e per fortuna le mansioni dell’addetta sono meno specializzate che all’ufficio contrassegni.
Al banco, una ragazzina disponibile ed attenta informa che l’abbonamento di Lucia è scaduto proprio quel giorno, che in caso di malfunzionamento degli apparecchi a bordo occorre avvisare l’autista, che il city pass è valido e che se la macchinetta l’avesse obliterato si sarebbe potuto chiedere il rimborso del biglietto perso sporgendo regolare domanda allo sportello su appositi moduli.
“Meno male che non ha funzionato!” Commenta Andrea, rabbrividendo al pensiero di tutto quel traffico per un Euro e mezzo.
Quanto alla mediazione dell’autista, la questione s’è risolta da sola, quindi sarebbe un’inutile perdita di tempo approfondire il senso della sua risposta.
Sono appena usciti, che ad Andrea viene in mente di chiedere la scadenza anche del proprio abbonamento, inoltre non è ancora sicuro se con la disabilità abbia diritto a qualche sconto, visto che l’accertamento è recente, perciò vuole sincerarsene: per telefono gli hanno detto di no, ma non si sa mai, considerata l’incomprensibile spiegazione avuta.
Rifatta educatamente la coda, questa volta incocciano in un impiegato sui cinquant’anni con un vistoso orecchino, cui piace proiettarsi come un missile dal banco agli schedari e ritorno sulla poltroncina a rotelle.
L’abbonamento scade fra più di un mese, e per degli sconti bisogna venire qui col verbale d’invalidità… Non importa che l’abbiano già archiviato all’ufficio contrassegni: si deve portare l’originale anche a lui.
“Va bene, ma intanto mi dica chi ha diritto a cosa, così magari mi risparmio un giro inutile.” Ribatte Andrea.
“Deve vederci meno di un decimo.”
“Ah! Allora non è vero che non mi spetta!” Esclama il disabile.
“Perché, lei quanto ha?”
“Un ventesimo.”
“Allora vede che ha torto? Qui c’è scritto meno di un decimo: un ventesimo è di più.”
Lucia scoppia a ridere, Andrea sgrana gli occhi.
“Mi prende in giro?” Domanda.
“No: venti è di più di dieci.”
Ipovedente ed Angelo Custode trattengono a stento i legittimi improperi.
“Ma cosa dice? – Domanda lui – Guardi che un ventesimo è meno di un decimo proprio perché venti è più di dieci… Lo chieda alla signora se non crede a me: lei insegna matematica all’università.”
“Ma certo, diamine! – Sbotta Lucia – E lui non gliel’ha detto, ma è un ingegnere: si può fidare ad occhi chiusi.”
“Che è come dire… ciecamente.” Chiosa Andrea, sarcastico.
La parata di titoli disorienta per un momento l’ex ragazzo con l’orecchino, che per qualche momento oscilla avanti e indietro sulla sua poltroncina a rotelle con l’aria meditabonda. Come sempre, però, l’ignoranza si esalta ignorando sé stessa anche davanti allo specchio, sicché infine quello sentenzia impassibile: “Comunque non le viene niente.”
L’ingegnere capisce che è inutile discutere, perciò lo prende alle spalle.
“Ma se avessi meno di un decimo quanto dovrei pagare?” Domanda sibillino.
“Ottanta Euro.” Fa il pitagorico.
“Ah, però!” Si meravigliano ridendo nervosamente gli inesperti utenti sulle tracce dei loro diritti.
Non sarebbe il caso di aprire la pratica con ‘sto John Nash targato Tper nemmeno avendo il verbale in tasca, ma prima di andarsene, Andrea non rinuncia a dispensare all’uomo il consiglio che vorrebbe gridare all’Italia intera: “Studi le frazioni caro signore, se no lei non può fare questo lavoro.”
Durante la passeggiata verso la linea del ritorno attraverso il centro pedonalizzato, il sarcasmo si mescola all’amarezza per l’inevitabilità del disastro in cui versa il Bel Paese: “…perché l’istruzione di quel tizio non è un’eccezione, ma quasi la norma!” Da insegnanti quali entrambi sono o son stati, loro lo sanno fin troppo bene.
Alla fermata dell’autobus, ipovedente ed Angelo Custode hanno ormai un bisogno piuttosto insistente, perciò decidono di soddisfarlo prima di prendere il mezzo e si avviano verso la fermata successiva in cerca di un esercizio pubblico lungo il cammino.
Quello che sembrava un bar si rivela uno spaccio di kebab dove per conceder l’uso dei servizi igienici il cassiere magrebino pretende che facciano un po’ di spesa.
L’idea non li sfiora neppure, dato che quel sapore tanto speziato a loro non piace, e per giunta sono già impacciati dagli acquisti, perciò Andrea e Lucia passano oltre, ma anche il bar più vicino è gestito da persone di aspetto mediorientale che danno la chiave solo ai clienti.
Indispettiti da quella che par loro la violazione di un diritto, i nostri amici rinunciano di nuovo anche se – dopo i bisogni e per educazione, ma non per obbligo – un analcolico lo prenderebbero volentieri.
Al terzo locale “pubblico”, la barista cinese dichiara: “Il bagno non c’è!”
“Ma non è obbligatorio?” Sbotta Andrea, irritato.
“Noi abbiamo una licenza vecchia senza obbligo del bagno.” Lo tacita la pronipote di Mao Dze Dong.
Frustrati, il gatto e la volpe raggiungono la fermata senza incontrare altri locali pubblici, e così prendono l’autobus rassegnandosi a tenerla fino a casa.
“Macché Alma Mater Studiorum! – Sbotta lui fra il serio ed il faceto appena seduto – Macché Culla del Sapere, tanto ospitale da aver inventato i portici per dare un tetto agli studenti sotto il cielo di ogni umore! QUESTO È IL PAESE DEI BALOCCHI!!!” Conclude poi, in crescendo.
Lucia gli fa una carezza di approvazione. Sa che a volte si diventa un po’ irritabili, mentre si sta perdendo inesorabilmente la vista, ma in questo caso Andrea ha ragione da vendere.
“Allora vedi che ha ragione Remo, a dire che noi due assomigliamo al gatto e alla volpe?” Lo asseconda con un sorriso.