Buona sera a tutti.
Grazie di essere intervenuti.
Molti di voi sono o sono stati dipendenti della Fiat Aviazione, e anch’io, con grande orgoglio e nostalgia. Perché sul piano professionale sono stati gli anni più fecondi della mia vita, perché su quello umano mi hanno regalato delle amicizie meravigliose, ancora oggi vivissime in me nonostante il tempo e la lontananza.
“Il diario di Homunculus” è un romanzo che racconta la vita movimentata dell’ingegner Gabriele D’Angelo dal 1976 all’82, trascorsa all’Avio dal ‘77 in poi.
Il libro è edito da Pedrazzi, ora Placebook Publishing, e distribuito su Amazon, dove si trova digitando “diario di homunculus”. Bisogna fare attenzione, però, perché Amazon offre anche la vecchia edizione auto pubblicata, ma questa non è più in circolazione.
Il link per acquistare “Il diario di Homunculus” è:
https://www.amazon.com/s?k=diario+di+homunculus&ref=nb_sb_noss
Ma veniamo al dunque.
La forma narrativa è quella del diario perché gli avvenimenti sono remoti, e quindi si svolgono su uno sfondo storico poco noto ai più giovani. L’espediente del diario consente al protagonista di inserire nel racconto commenti ed annotazioni utili a chiarirlo, in modo che quando le vicende che lo riguardano vi si riferiscono anche i lettori più giovani possano restare immersi nella storia senza sentirsi a disagio, come se fossero stati presenti a quei fatti di persona.
Homunculus vuol dire omuncolo, un termino poco entusiasmante.
Nel Faust di Goethe è un omino artificiale chiuso in una bottiglia: uno spiritello luminoso ed intelligente come un essere umano, ma privo del corpo materiale che ne farebbe una creatura compiuta, e dotarsene è la sua massima aspirazione.
E cos’ha a che fare, un personaggio così, con l’ingegner D’Angelo?
Può aiutare a capirlo una pagina del libro, che affido alla lettura di mia moglie.
Qui, ho messo allo stralcio il titolo di servizio: “E sei sicuro che il NOS l’avete tutt’e due?”
A te, Amalia.
“E sei sicuro che il NOS l’avete tutt’e due?”
… omissis …
Giorni fa, per esempio, Biagio è passato per offrirmi il caffè, ed io ho accettato di buon grado poiché la mattina era inoltrata, e la colazione un ricordo ormai sbiadito. Naturalmente non poteva mancare Corrado, perciò prima saremmo passati a chiamare anche lui.
C: “Prendi un foglio! – Ha consigliato Cavallo senza alzare lo sguardo dal lavoro – Con su scritto qualcosa magari: non proprio bianco, neh!?”
G: “Dici a me?” Ho domandato sorpreso.
C: “È a chi se no? Non vedo nessuno qui, oltre a lui…” Ha ribattuto indicando Mandini.
G: “Ma perché, scusa?”
C: “Eeeehhh, perché! Non fa buona impressione andare in giro a zonzo, hai mai visto Prodi alla macchinetta del caffè?”
In effetti non ce l’avevo mai visto, però avevo visto praticamente tutti gli altri, e siccome siamo in 140 alla direzione tecnica dell’Avio, non ero affatto convinto che Cavallo dicesse sul serio, perciò ho guardato Mandini con aria interrogativa.
M: “Sì, sì: è meglio.” Ha confermato lui.
Biagio ha scosso la testa ricciuta: “Pijia ‘sto fojio, Fantozzi, e andiamo, dai.” Ha tagliato corto con un risolino sarcastico, ma lui viene dal liceo classico della buona società palermitana e non ha mai lavorato in un posto come l’Arbeitsdorf, io sì, perciò al risolino non mi sono associato.
Consapevolmente o no, comunque, il timore che in quella battuta ci sia del vero probabilmente serpeggia nel cuore di tutti, e poco dopo lo abbiamo dimostrato noi stessi senza volere, in barba all’ironia.
B: “Minchia quanto brucia! – Ha imprecato Biagio ingurgitando il caffè a forza per non spruzzarlo tutt’intorno – Mi sono scottato la lingua, mannaggia…”
Corrado, che stava ancora irridendo i consigli di Cavallo, s’è piegato in due con gli occhi strabuzzati, vittima anche lui della stessa fretta di bere il caffè bollente… ed io non è che me lo sia goduto molto di più.
Poi, il gruppetto è letteralmente esploso, e ognuno è tornato al suo posto a passi svelti.
—–ooo—–
Ad ogni modo, nonostante l’ustione mi sentivo ugualmente di buon umore, ragion per cui ho percorso l’immenso salone al piano terra leggero come una piuma, gettando sguardi a volo d’uccello negli uffici ai lati del corridoio, dove c’erano colleghi chini sulle scrivanie, ed altri aggrappati ai tavoli da disegno, che con aria assorta ed espressione austera riflettevano sulle turbine, o chissà che.
Lente volute di fumo s’innalzavano dalle postazioni, congiungendosi alla cappa azzurrina che aleggia perennemente, pigra, sui box delimitati dalle basse scansie di metallo verdone, che segnano i confini sul pavimento senza intrappolare anche l’aria di sopra.
In fondo, nitidi nella luce delle grandi finestre, benché rimpiccioliti dalla distanza, Mandini e Prodi discutevano vivacemente, chini sul divisorio fra i due uffici, gesticolando con riga e squadra in mano.
G: “Che cacchio fanno?” Mi sono domandato, e dopo averli raggiunti, ed essermi seduto alla mia scrivania, ci ho messo ancora un po’ a capirlo.
M: “Ecco, lo vedi? – Argomentava Mandini – Hai tutte le 25 mattonelle d’ordinanza che ti spettano… Mo, me vo’ spiega’ pecché me ne vuo’ freca’ n’atrettre?”
P: “O bella! Perché il mio ufficio è più grande!”
M: “Ma dove… siete in quattro, come noi: quattro persone, quattro scrivanie…”
P: “Smettila di farmi perdere tempo, dai: intanto la mia è a quattro cassetti, mentre la tua a tre, e poi lo sai bene che adesso mi mettono l’altro telefono, no?”
M: “Evvabbuo’, ma tre sono troppe, facciamo due, almeno!”
P: “Tutt’al più due e mezza, ma siccome hai contato mezza mattonella per una intera… guarda qua.” E così dicendo s’è chinato sul pavimento, a misurare con la riga il pezzo di mattonella che sporgeva nel suo settore da sotto il mobile.
M: “No, ma pecché ce ne sta ‘n’atra mezza dall’altra parte che non ho contato!” Si giustificava intanto Mandini.
P: “Eh già, credi che non lo sappia che ieri mi hai spostato tutt’e due i divisori di mezza mattonella, quando non c’ero? E questa è anche meno di metà, guarda: 10 centimetri.”
A quel punto Mandini, volgendo intorno un’occhiata smarrita in cerca d’ispirazione, s’è accorto che io e Cavallo li stavamo osservando impietriti, e dev’essersi sentito un po’ imbarazzato, allora s’è girato sui tacchi scrollando le spalle, e tornando alla sua tre cassetti con telefono servo ha borbottato fra i denti: “Vabbe’ senti, il capo sei tu, fa’ un po’ come ti pare.”
Prodi non se l’è fatto ripetere, e in men che non si dica, le scansie di confine si sono mosse contro di noi come carri armati sferraglianti, accorciando in un baleno il nostro recinto, mentre schiacciavano contro il muro le velleità espansionistiche del mio capo sconfitto.
G: “Ma… è tutto vero o sono le prove di una commedia in parrocchia?” Ho domandato al termine del blitz.
M: “Vero, vero…” Ha risposto Mandini fra i denti, scuro in volto.
G: “E sei sicuro che il NOS l’avete tutt’e due?” Ho infierito.
C: “Eh, ce l’hanno, stai tranquillo che sì, – s’è inserito Cavallo – anzi, è se non fai così che non te lo danno… Non lo sai che le mattonelle sono i simboli del potere?! E i cassetti della scrivania?! E i telefoni?! Adesso il capo è lui.”
G: “Ah sì? È ufficiale?”
Sapevo anch’io, infatti, che in pratica era così da tempo, ma la conferma non s’era ancora avuta.
C: “Non hanno suonato la tromba, ma visto che dobbiamo passare da lui per telefonare fuori, due più due fa quattro… E tu cos’aspetti a pretendere un telefono tutto per te? Guarda che se vuoi far carriera devi sgomitare così neh? Solo quelli che sono disposti a fare la guerra della mattonella, alla fine conquistano il palazzo.”
… omissis …
—–ooo—–
Bene, ma fin qui il legame fra Homunculus e l’ingegner D’Angelo non s’è ancora visto.
È vero, però ho detto che il più ardente desiderio dello spiritello è incarnarsi per realizzare appieno la sua natura profonda. Per riuscirci, egli rompe la bottiglia nel Mar Egeo per ricongiungersi alle acque da cui origina ogni forma di vita vera, e anche se da lì rinascerà ripercorrendo per millenni tutti i passi dell’evoluzione, deve letteralmente annullarsi per questo.
Dunque Homunculus rappresenta la volontà di interpretare il proprio ruolo nel mondo spinta fino alle estreme conseguenze, ed è proprio questo che ha in comune con Gabriele D’Angelo: anche l’ingegnere cercava la piena realizzazione di sé. L’Avio era il suo Mar Egeo, e siccome con tali premesse la carriera gliene sembrava il giusto coronamento, la guerra della mattonella non era disposto a combatterla.
Per andare avanti dovevano bastare le sue gambe.
E sapeva di averle buone.
I collegamenti in fondo alla pagina lo dimostrano. Potrete visitarli con calma dopo. ora io ne faccio una breve sintesi di servizio.
Il primo link è il filmato del progetto di un sistema di distribuzione innovativo dell’ingegnere.
Il secondo è una viva manifestazione di interesse per tale sistema da parte di un ente di filiazione NASA per il finanziamento delle nuove idee nell’industria (purtroppo solo americana).
Il terzo è un esempio dell’importanza economica del rendimento di un motore, fatto in un seminario alla facoltà d’ingegneria di Bologna in base ai dati di esercizio di un Boeing 747. Mostra che con un risparmio dell’1% sul consumo, ciascun aereo dà maggiori utili annui di circa 1.000.000 €. Ed è un incremento di rendimento dello 0,3% appena!!!
Ancora oggi, miglioramenti di 10 – 15 punti di rendimento sull’intero parco nazionale di macchine termiche produrrebbero risparmi energetici, nonché vantaggi occupazionali e di PIL probabilmente superiori a quelli dell’intero panorama delle energie alternative.
Il quarto link: ATA, è un articolo della più autorevole rivista auto motoristica italiana, su una turbina proposta dal nostro ingegnere, di cui l’accennato sistema di distribuzione è un sottogruppo, capace, appunto, di innalzare il rendimento di queste macchine dal 27% attuale al 45%, per giunta con un disegno semplice, di applicabilità immediata.
Dunque, il protagonista del nostro romanzo non era solo un personaggio romanzesco!
Ma purtroppo, le parole di Cavallo erano e sono vere anche nelle aziende più evolute, dove fra le grandi figure che le popolano si annidano quelli della calunnia, della diffamazione, della mormorazione e del sussurro: i Gengis Khan delle mattonelle nati per fare dei gravi danni economici ed umani, impegnati anch’essi allo spasimo a realizzare pienamente la loro natura profonda.
Il romanzo si snoda tutto su questo conflitto fra valore e potere e sulle conseguenze talora drammatiche che esso comporta.
Tuttavia non c’è polemica personale nel libro. Alcuni che vi si potrebbero riconoscere purtroppo non ci sono più, gli altri sono in pensione, perciò esso non attenta allo status di nessuno. Invece è proprio contro il sistema di cooptazione del potere che si rivolge, contro la guerra della mattonella come suo trampolino di lancio tacitamente accettato dalle gerarchie superiori. Perché è vero che per delle limitate funzioni di controllo questo può dare qualche vantaggio immediato, ma sul piano strategico è un vero disastro, e probabilmente causa principale di quasi tutte le inadeguatezze nazionali tristemente note.
Nella descrizione di retrocopertina è scritto:
“Il libro è una vibrata denuncia delle storture del potere nel mondo del lavoro, di cui illustra le devastanti conseguenze morali e materiali sulle vocazioni più genuine, i progetti di vita che a queste si affidano, e sull’intera società.”
Speriamo che serva a qualcosa per le generazioni future.
1. https://www.youtube.com/watch?v=VwgWhWsdKBQ
2. Interesse NASA per Distributore
3. Rendimento e Consumi Jumbo
4. ATA
5. https://www.amazon.com/s?k=diario+di+homunculus&ref=nb_sb_noss